mercoledì 8 febbraio 2012

ADHD: LA SINDROME DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA'

ADHD : LA SINDROME DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA’


ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder), o più semplicemente ADD (Attention Deficit Disorder), è la sigla con cui viene indicata la Sindrome da deficit di attenzione e iperattività.
Si tratta di un disturbo del comportamento caratterizzato da inattenzione, impulsività e iperattività motoria che rende difficoltoso e a volte impossibile il normale sviluppo e integrazione sociale dei bambini. Si tratta di un disturbo complesso che spesso è accompagnato da altri disturbi (fenomeno definito comorbilità). Questo aggrava la sintomatologia rendendo complessa sia la diagnosi sia la terapia. Quelli più frequentemente associati sono il disturbo oppositivo-provocatorio e i disturbi della condotta, i disturbi specifici dell'apprendimento (dislessia,disgrafia, ecc.), i disturbi d'ansia e, con minore frequenza, la depressione, il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo da tic, il disturbo bipolare.
Non è ancora stata identificata una causa specifica della Sindrome ADHD ma ci sono una serie di fattori che possono contribuire al suo nascere. Tra questi ci sono fattori genetici (alto fattore ereditario, morfologia cerebrale, fattori prenatali e perinatali o fattori traumatici), fattori ambientali (ad es. l’esposizione ad alcol e fumo durante la gravidanza e nei primissimi anni di vita) e le condizioni sociali e fisiche del soggetto.
Disattenzione, iperattività e impulsività sono gli elementi chiave nel comportamento di soggetti colpiti da ADHD e consentono una classificazione in base alla prevalenza di elementi di iperattività-impulsività o di disattenzione o di elementi combinati dell'uno e dell'altro.

Manifestazioni di distrazione/disattenzione sono:
· essere facilmente distratti, perdere i particolari, dimenticare le cose, passare spesso da un'attività all'altra, annoiarsi o avere difficoltà a concentrarsi
· avere difficoltà nell'imparare qualcosa di nuovo o a svolgere compiti a casa, spesso perdendo le cose
· non sembra ascoltare quando gli si parla
· sognare ad occhi aperti, essere spesso confuso e muoversi lentamente
· avere difficoltà di elaborazione delle informazioni con la stessa rapidità e precisione degli altri
· difficoltà a seguire le istruzioni.

Manifestazioni di iperattività-impulsività sono:
· parlare ininterrottamente
· toccare o giocare con qualsiasi cosa sia a portata di mano
· avere difficoltà a star seduti durante la cena, a scuola, ecc., contorcersi da seduti e muoversi continuamente
· avere difficoltà a svolgere compiti o attività tranquille.

Altre manifestazioni di impulsività sono:
· essere molto impaziente
· fare commenti inadeguati, mostrare le proprie emozioni senza inibizioni, agire senza pensare alle conseguenze.

I sintomi possono permanere anche in età adulta.
I bambini con ADHD hanno anche problemi nelle relazioni interpersonali: ricevono più rifiuti dai loro compagni di scuola o di gioco; pronunciano maggiori frasi negative nei confronti dei loro compagni; presentano un accentuato comportamento aggressivo; non rispettano le regole di comportamento in gruppo e nel gioco; il bambino con ADHD risulta collaborante solo quando assume un ruolo attivo.
I metodi per trattare l'ADHD spesso coinvolgono una combinazione di fattori: terapie comportamentali, terapie cognitive, interventi pedagogico-educativi, terapie familiari, cambiamenti dello stile di vita, interventi clinico-psicologici e farmaci.
La terapia dei bambini affetti da ADHD è quasi sempre esito di un percorso interdisciplinare, che vede coinvolte le figure del neuropsichiatra infantile, del pediatra, dello psicologo dello sviluppo, del pedagogista, dell’educatore e degli insegnanti. Fondamentale è sempre il coinvolgimento attivo della famiglia.

venerdì 28 maggio 2010

PROGETTO, NASCITA E SVILUPPO DEL BAMBINO

Diversamente dalla classificazione medica che considera lo sviluppo del bambino come una descrizione dei fatti nel loro susseguirsi, la Pedagogia Clinica, pur muovendosi in parallelo, mette in evidenza gli elementi di fondo che caratterizzano l’evoluzione. Non si parla, pertanto, di periodo preconcezionale, concepimento, periodo prenatale, nascita, periodo neonatale e postnatale ma di progetto, attesa, conoscenza, attaccamento, allevamento e sviluppo. Questo linguaggio pedagogico clinico permette di far emergere gli aspetti emotivi vissuti dalla coppia o dal singolo e non si riferisce solo al bambino. È vivo l’interesse del Pedagogista Clinico verso il rapporto bambino/adulti e, con i suoi metodi specifici, il professionista si pone come valido sostegno ai genitori e al figlio.
L’età evolutiva biologicamente comincia quando si forma un nuovo essere (concepimento). Dal punto di vista pedagogico clinico, l’età evolutiva comincia quando nasce nella mente dei genitori l’idea di dar vita ad un bambino.
Biologicamente, l’adolescenza chiude un capitolo dell’età evolutiva, pedagogicamente questa non termina mai.
Ma parliamo meglio degli avvenimenti che caratterizzano la vita del bambino secondo la Pedagogia Clinica.
· Il progetto. Si possono riscontrare due situazioni: la presenza di un progetto di genitorialità (per scelta consapevole, per compensare una particolare situazione emotivo-affettiva, per finalità estranee al bambino) o l’assenza di un progetto che può provocare un disagio nella coppia poiché ne sconvolge il ritmo di vita. In ogni caso, il Pedagogista Clinico può sostenere la persona e la coppia, con interventi mirati alla corporeità, al ritrovamento di se stessi e di un corretto equilibrio psico-fisico, alla condivisione e alla relazione di coppia.
· L’attesa. È il momento che va dalla nascita biologica alla nascita anagrafica e coinvolge entrambi i genitori. Questo periodo può essere tranquillo, può essere vissuto con frustrazioni riguardo la propria personalità, paure, solitudine o fantasie sul bambino che nascerà. Il Pedagogista Clinico dà spazio al contatto con le emozioni, alla valutazione della risonanza affettiva, al contenimento delle eventuali delusioni per permettere ai genitori di gestire positivamente l’attesa.
· La conoscenza. È la fase in cui il bambino si presenta all’esterno con la propria realtà individuale. Può essere caratterizzata dalla corrispondenza tra figlio reale e figlio della fantasia, delusione, negazione di un’eventuale malattia del figlio o rifiuto del figlio. Risulta, anche in questa fase, fondamentale il contributo del professionista che sostenga e aiuti la persona e la coppia ad affrontare la nuova realtà.
· L’attaccamento. È la fase caratterizzata dalle nuove relazioni nella coppia genitoriale e nel nuovo nucleo familiare con i cambiamenti delle dinamiche preesistenti.
· L’allevamento e lo sviluppo. L’attenzione, in questa fase, si focalizza sul rapporto alimentare, l’accrescimento staturo-ponderale, il sonno e le funzioni intestinali prima, la motricità, il linguaggio, il controllo sfinterico e la relazione poi. Il Pedagogista Clinico può contribuire alla scoperta delle giuste regole, aiutando i genitori a considerare il bambino come un’entità distinta ed evitare ogni rapporto nevrotico.

mercoledì 24 marzo 2010

LA PEDAGOGIA CLINICA NELLA SOCIETA'

Il Pedagogista Clinico è un professionista che, lavorando in studi, centri e atelier, in collaborazione con altri specialisti, enti e istituzioni, svolge il proprio intervento di aiuto promuovendo il processo di crescita della persona, intesa nella sua globalità, come insieme di risorse e potenzialità da scoprire e sviluppare. Il suo obiettivo è quello di favorire il raggiungimento del benessere del’individuo e il superamento dei suoi disagi. Proprio perché lavora in tale direzione, diventa fondamentale l’apporto che la Pedagogia Clinica offre all’interno della società attuale, sempre più complessa e problematica, una società in cui le persone sempre più spesso hanno bisogno di aiuto per ritrovare se stesse e il proprio equilibrio.

Il Pedagogista Clinico attua interventi in vari ambiti e servizi rivolti alla persona:
· Lavora negli asili nido e nelle scuole di ogni ordine e grado per promuovere percorsi di crescita, di prevenzione, esperienze di integrazione e relazione; può occuparsi della formazione di genitori e insegnanti per favorire il confronto, la comunicazione e la libera espressione di sé; può gestire Sportelli di Ascolto per essere un valido sostegno all’orientamento nelle scelte dei giovani e un aiuto significativo per il superamento delle problematiche di tutti gli alunni;
· Lavora in ospedale, per realizzare percorsi di accoglienza e di cura affettivo-relazionale al paziente e alla sua famiglia, per vivere con meno disagio il rapporto con la sofferenza e la malattia; per realizzare percorsi e scambi relazionali e di riscoperta della propria identità, dedicati agli operatori che devono poter vivere le proprie emozioni, imparando a gestirle, maturando un atteggiamento mediativo nel rapporto con il paziente;
· Lavora nei Centri per anziani, al fine di sollecitare le abilità visivo-uditive, consentire esperienze senso-percettive e mnestiche, vivere il proprio mondo affettivo-emotivo e recuperare il proprio Io, accettando le trasformazioni derivanti dal trascorrere del tempo;
· Lavora nei consultori, per il sostegno e il potenziamento dell’autonomia e della responsabilità, nonché per offrire alle persone la possibilità di aprirsi e comunicare il proprio disagio per trovare le modalità per affrontarlo e superarlo;
· Lavora negli studi legali come consulente per interventi di aiuto alle componenti coinvolte nelle cause, come sostegno alle persone in difficoltà o come mediatore nei conflitti comunicativi, per ricreare equilibri emozionali e affettivi;
· Lavora nei Tribunali, per permettere ai giudici di avere una più ampia visione della situazione problematica e averne una conoscenza più approfondita prima di emettere un provvedimento;
· Lavora in collaborazione con pediatri e neuropsichiatri, per permettere ai bambini di conoscersi, viversi, conquistare la fiducia in sé e nelle proprie capacità per uno sviluppo positivo di sé;
· Lavora nelle aziende, per favorire le relazioni e la comunicazione tra i membri dell’organizzazione, per favorire la cooperazione, per gestire i conflitti e creare un clima di armonia ed equilibrio;
· Lavora nelle Comunità, come sostegno alle persone per vincere i propri disagi psico-fisici e socio-relazionali, recuperare i propri equilibri e la disponibilità verso gli altri;
· Lavora nei Centri per disabili, per la sperimentazione del quotidiano, per la sollecitazione e il recupero delle proprie funzioni, per favorire l’integrazione e acquisire la fiducia in se stessi;
· Lavora per la prevenzione della devianza;
· Lavora in tutti i progetti e laboratori che hanno valenza educativa e che mettono al centro la Persona e il suo Benessere.

mercoledì 17 febbraio 2010

Il lavoro del PEDAGOGISTA CLINICO

Nel vasto panorama degli interventi di aiuto alla persona che vive situazioni di difficoltà nella società attuale sempre più complessa e complicata, la Pedagogia Clinica si caratterizza come risposta valida e significativa alle esigenze di chi vuole scoprire e riscoprire se stessa, potenziando le proprie risorse per superare il proprio disagio.
Ma cerchiamo di capire meglio a chi questo aiuto è indirizzato.
Al Pedagogista Clinico possono rivolgersi TUTTE le persone che vivono una situazione di disagio, senza limiti di età, sesso e tipologia: bambini, adolescenti, adulti, anziani, coppie, famiglie, gruppi.

Il Pedagogista Clinico con bambini, adolescenti e adulti:
interventi mirati al superamento
· delle difficoltà di apprendimento e del linguaggio (dislessia, disgrafia, balbuzie, …)
· delle difficoltà del comportamento e dell’autonomia (iperattività, aggressività, encopresi, enuresi, disturbi dell’umore, …)
· dei disagi affettivi e relazionali
· delle difficoltà legate all’autostima e all’insicurezza
· della paura, dell’ansia e dello stress
· interventi per la libera espressione di sé

Il Pedagogista Clinico con l’anziano:
interventi per
· una maggiore conoscenza e un più ampio controllo del proprio corpo
· la coscienza di un’immagine di sé positiva
· la libera espressione di sé
· esperienze senso-percettivo-visive e di recupero della memoria

Il Pedagogista Clinico con la coppia e la famiglia:
· interventi per il superamento delle difficoltà legate alla comunicazione e alla relazione tra i membri della coppia o della famiglia

Il Pedagogista Clinico con il gruppo:
interventi per
· favorire la coesione e l’integrazione
· superare i conflitti e le difficoltà comunicativo-relazionali
· condividere i propri vissuti
· corsi di formazione per genitori, insegnanti, educatori e per la formazione aziendale nel settore delle risorse umane

Attraverso gli interventi individuali e rivolti al gruppo, i progetti e le consulenze, il fine ultimo del Pedagogista Clinico è il benessere della persona!


Il Pedagogista Clinico, professione emergente degli ultimi anni, offre alla persona che vive una situazione di disagio la possibilità concreta di superare le proprie difficoltà psico-fisiche e socio-relazionali, per permetterle di conoscere e riscoprire se stessa, superando le proprie paure ed esaltando le sue risorse.
Il lavoro del Pedagogista Clinico si compie nello studio professionale e nell’atelier.

Lo studio professionale è un ambiente tranquillo e confortevole, volto a mettere la persona a proprio agio, a favorire la comunicazione con il Pedagogista Clinico, in modo spontaneo, senza costrizioni né domande. Nello studio, la persona è libera di esprimere se stessa, di comunicare verbalmente e non verbalmente i propri disagi, le proprie emozioni e i propri pensieri, in una relazione esclusiva con il Pedagogista Clinico che, con metodi e tecniche propri, la ascolta e la aiuta a ritrovare uno stato di benessere psico-fisico e a valorizzare se stessa.

L’atelier è uno spazio più ampio, dove la persona può fare esperienze di vario genere, come ad esempio esperienze artistico-creative (musica, pittura, danza, poesia, …), espressivo-relazionali, esperienze di gruppo. Anche qui, come nello studio, le metodologie e le tecniche utilizzate dal Pedagogista Clinico sono finalizzate alla coscienza e alla consapevolezza di sé, alla ricerca dell’equilibrio e dell’armonia, alla riscoperta e alla libera espressione di sé, al superamento dei propri limiti e dei propri disagi e allo sviluppo delle sue potenzialità.

sabato 9 gennaio 2010

XX Convegno Nazionale sulla tutela del minore

organizzato dalla Fondazione Maria Regina e dal Centro Studi Sociali sull'Infanzia e l'Adolescenza di Scerne di Pineto (Te)
giovedi 3 dicembre 2009

LA RESILIENZA PER LA PROTEZIONE DEI BAMBINI
(Nuove tecniche di intervento resiliente per rafforzare la genitorialità in crisi, tutelare lo sviluppo mentale dei bambini vulnerabili e traumatizzati, supportare gli operatori dei servizi e gli educatori)

Dopo i saluti e gli interventi istituzionali delle Autorità quali il Sindaco di Scerne di Pineto L.Monticelli, l'Assessore alle Politiche Sociali della regione Abruzzo P.Gatti e l'Assessore alle Politiche della Salute della regione Abruzzo L.Venturoni, si è affrontato il tema centrale del Convegno, "La resilienza per la protezione dei bambini", partendo da una definizione del concetto. La resilienza è la capacità di assorbire energia, di sopportare gli urti, di resistere a sollecitazioni impulsive; è la capacità della persona di affrontare e superare le avversità della vita; è caratterizzata da elasticità, mobilità, flessibilità, adattamento attivo, capacità di ricostruirsi.
L'attenzione dei ricercatori si focalizza su due concetti: la resilienza nel trauma relazionale, nei compiti di sviluppo, e la resilienza negli eventi traumatici e stressanti.
Partendo dal presupposto che interesse fondamentale di studiosi e operatori del settore è la lotta al maltrattamento e all'abuso su bambini e adolescenti, le riflessioni teoriche e pratiche definiscono la resilienza come la capacità della persona di riemergere fortificati da difficoltà e traumi.
Integrando l'ottica corrente che si concentra sulle difficoltà e i fattori di rischio, viene proposto un nuovo approccio al trauma che si basa sulle risorse individuali, familiari e sociali per promuovere costruttivi percorsi di sviluppo. Un ruolo fondamentale in tal senso assumono le relazioni affettivamente significative all'interno delle varie famiglie.
Vengono offerte indicazioni utili per genitori, educatori, insegnanti, operatori, sugli interventi che portano a "costruire" il processo di resilienza, incentivando i tre fattori che ne stanno alla base: il senso di sicurezza interno, la stima di sé e la sensazione di operare in modo efficace.
Emerge che anche la resilienza può essere attivamente sostenuta nell'ambito di un percorso di apprendimento che mira a contrastare il disagio psico-emozionale e la devianza sociale.
Seguono le indicazioni per promuovere il processo di resilienza (Johnson):
- creare collegamenti all'interno di un gruppo positivo,
- evitare di considerare le crisi come problemi insormontabili,
- accettare il fatto che il cambiamento è parte della vita,
- avvicinarsi ai propri obiettivi, considerando ogni piccolo risultato come un grande traguardo,
- agire in modo deciso,
- cercare delle opportunità per scoprire aspetti di se stessi,
- alimentare un'immagine positiva di sé,
- considerare le cose in prospettiva,
- mantenere un approccio positivo.
La sfida della resilienza fa proporre un approccio globale, che favorisca un dialogo armonico tra i vari aspetti di sé, dove gli aspetti emotivi non vengono mantenuti scissi da quelli cognitivi o cosiderati estranei rispetto al corpo e alle capacità sociali e artistiche.
Viene, inoltre, ricordata l'importanza dell'intelligenza emotiva (Goleman), che si sviluppa nella cosapevolezza di sé e nella possibilità di mentalizzare e non dimenticare di "alimentare" la creatività.
In definitiva, costruire la resilienza vuol dire accogliere, sostenere e prendersi cura della persona, rafforzando le risorse positive.

mercoledì 30 dicembre 2009

Alla scoperta di un nuovo intervento di aiuto alla persona...LA PEDAGOGIA CLINICA!

Viviamo in una società complessa e mutevole, caratterizzata da continui cambiamenti, da progressi ma anche da crisi e sfiducia delle persone nei confronti di ciò che le circonda. Nasce e si manifesta così, con forza sempre maggiore, l'esigenza di affrontare e superare tutte le difficoltà che si incontrano nel proprio cammino per ritrovare fiducia in se stessi e confrontarsi con i propri disagi.
In una società in cui ci si trova a vivere situazioni sempre più difficili e delicate (traumi, abbandoni, dipendenze, crisi d'identità), in cui è sempre più complicato gestire i propri affetti, le proprie emozioni, in rapporto con se stessi, con gli altri e con il mondo del lavoro...in una società in cui non sempre si è sostenuti e capiti, si afferma una nuova scienza, la Pedagogia Clinica, che si pone come risposta positiva e concreta alle esigenze delle persone.
La Pedagogia Clinica nasce dallo studio attento sull'individuo e sui suoi bisogni educativi; è una scienza che attua interventi di aiuto alla persona, considerata nella sua globalità e al centro della propria vita, consapevole dei suoi limiti e delle sue potenzialità. La sua attenzione è rivolta a ogni tipo di persona: bambini, adolescenti, adulti, anziani, coppie, famiglie, gruppi.
Questa nuova scienza permette alla persona stessa di scoprire e valorizzare le proprie risorse per superare il proprio disagio. Il Pedagogista Clinico, sia attraverso gli incontri nello studio che mediante le esperienze in atelier, non interroga, non impone, non fa "terapia" ma fornisce alla persona gli strumenti necessari per conoscere e comprendere se stessa, per sviluppare a pieno le sue potenzialità al fine di stimolarla al raggiungimento della coscienza e della consapevolezza di sé, alla ricerca dell'equilibrio e dell'armonia. Per fare questo, si avvale di metodologie e tecniche proprie, come ad esempio le esperienze creative, senso-percettive, i metodi di esplorazione e di consapevolezza corporea, i momenti di riflessione, che offrono stimoli e sollecitazioni orientati alla crescita dell persona. Tante sono le proposte di aiuto che ogni giorno ci vengono offerte da televisione, giornali, pubblicità; è naturale che in questa varietà di proposte e metodologie si crei confusione e scetticismo tra le persone che decidono spesso di non chiedere aiuto, pur avendone l'esigenza, non sapendo a quale professionista affidarsi. Ebbene, tra le tante proposte, più o meno diffuse e conosciute, c'è n'è una di cui si conosce ancora troppo poco e che invece offre un aiuto valido e significativo...è proprio quella del Pedagogista Clinico, che offre alla persona in difficoltà la possibilità concreta di liberarsi dal proprio stato di disagio psico-fisico e socio-relazionale, permettendole di agire con maggiore sicurezza, consapevolezza e responsabilità.
Proprio in ragione delle sue caratteristiche, vale la pena di conoscere, capire e affidarsi alla forte potenzialità della Pedagogia Clinica, il cui fine ultimo è il benessere della persona!